LE LOCANDINE del THRILLING ITALIANO

LE LOCANDINE del THRILLING ITALIANO
Breve storia del genere

Il giallo all'italiana (detto anche thrilling o spaghetti thriller) è stato un filone cinematografico nato in Italia negli anni sessanta e sviluppatosi negli anni settanta, con caratteristiche diverse rispetto al giallo classico. Il giallo all'italiana infatti è un genere che mescola atmosfere thriller e temi tipici del cinema horror e che non preclude derive slasher.
Il genere denominato slasher (dall'inglese "To slash", ferire profondamente con un'arma affilata) si riferisce a quel genere di film in cui il protagonista indiscusso è un killer (spesso mascherato) che dà la caccia a un gruppo di persone (spesso giovani) in uno spazio più o meno delimitato, utilizzando in genere armi da taglio per ucciderli in modo cruento.

Precursore del genere possiamo considerare il regista Mario Bava che all'inizio degli anni sessanta portò sugli schermi italiani film che sono diventati un vero e proprio "cult movie" inaugurando il genere Giallo all'italiana o Thrilling.
La ragazza che sapeva troppo del 1963 è generalmente considerato come il capostipite del genere.
Sei donne per l'assassino del 1964 è considerato un film estremamente importante codificò definitivamente le regole del genere. Ai tempi fu molto criticato per il suo sadismo.

Sul finire degli anni sessanta e l'inizio degli anni settanta  nasce un nuovo sotto-genere, il giallo erotico, nel quale vi è una maggiore attenzione per le parti erotiche della vicenda, definito dal regista Umberto Lenzi "thriller dei quartieri alti ",  in cui si mescolano erotismo, psicologia ed intrighi e vizi del mondo della nobiltà. Durante gli anni settanta la rappresentazione formale e la narrazione delle pellicole di questo genere si infittiscono di delitti sempre più feroci e di forte impatto visivo: è questo il periodo di massima espressione del giallo-thriller all'italiana.

Dario Argento consacrò definitivamente questo genere con la sua "trilogia degli animali":
L’uccello dalle piume di cristallo” - Il gatto a nove code” e Quattro mosche di velluto grigio” una trilogia divenuta cult tra gli appassionati ed intenditori. 
Il thrilling assunse una connotazione sempre più violenta ed erotica, specializzandosi soprattutto nella descrizione della figura dell'assassino, non limitandosi al solo aspetto esteriore, ma sviscerando soprattutto la sua psiche. L'intenzione fu quella di far partecipare in qualche modo lo spettatore al delitto, tramite gli occhi stessi dell'omicida, utilizzando a tal fine una tecnica cinematografica abbastanza innovativa per l'epoca, detta soggettiva, in cui la posizione della macchina da presa coincideva con la stessa visuale di chi compie i delitti. L'assassino veniva solitamente rappresentato come uno psicopatico, mentre i protagonisti di questi film non erano il commissario intuitivo od il poliziotto senza paura di turno bensì persone comuni, invischiate loro malgrado negli eventi solo per puro caso. Ed è in questo contesto che la figura dell'omicida divenne protagonista ed icona assoluta del genere, assumendo una tale importanza nel racconto da far passare spesso in secondo piano anche la stessa trama del film.
Nacque così una ricca serie di film a titolazione zoonomica, vale a dire con il nome di qualche animale nel titolo.  ”La coda dello scorpione” di Sergio Martino, ”Una farfalla con le ali insanguinate” di Ducio Tessari, ”Giornata nera per l’ariete” di Luigi Bazzoni, ”L’iguana dalla lingua di fuoco” di Riccardo Freda, ”Una lucertola con la pelle di donna” di Lucio Fulci e ”Non si sevizia un paperino” sempre di Lucio Fulci (vero e proprio maestro del genere), tanto per citarne alcuni. Con l'arrivo degli anni ottanta e la nascita negli Stati Uniti di un nuovo modo di fare cinema thriller e horror, il giallo all'italiana termina quasi di esistere.

IN QUESTO POST POTRETE TROVARE UN'AMPIA RASSEGNA DELLE LOCANDINE
ALCUNE BELLISSIME DEL THRILLER ITALIANO e LA TRAMA E RECENSIONE
DEI FILM (a mio avviso) PIU' INTERESSANTI E BELLI DEL GENERE

LE LOCANDINE

L'uccello dalle piume di cristallo                                            1970

Esordio alla regia di Dario Argento con un film che sancisce una nuova epoca
Regia: Dario Argento
Musiche: Ennio Morricone
Cast: Tony Musante, Enrico Maria Salerno, Suzy Kendall
Scrittore americano di passaggio a Roma, Sal Dalmas assiste, attraverso la vetrata di una galleria d'arte, ad un tentativo di omicidio. Benché sia stato soltanto il suo intervento a mettere in fuga il misterioso killer, presto le indagini della polizia si concentreranno proprio su di lui, in breve assorbito in un vortice di aggressioni da parte di un assassino che continua ad uccidere indisturbato. Insieme alla fidanzata, cercherà allora di venire a capo della situazione, convinto com'è di non riuscire a ricordare un dettaglio fondamentale in grado di risolvere l'enigma. 

il cineasta romano confeziona un gioiello in cui balzano all'attenzione qualità registiche fuori dal comune: l'importanza fondamentale della soggettiva, delle tecniche di montaggio, dei suoni, delle distorsioni e degli inganni, l'occhio di una macchina da presa sempre alla ricerca di punti vista inediti (aiutata in questo caso anche dall'apporto di Vittorio Storaro alla fotografia) fanno di L'uccello dalle piume di cristallo un vero classico, punto di riferimento obbligato per ogni studioso del cinema italiano, anche al di là del genere di appartenenza. Violento, forsennato, pauroso, mette nero su bianco una ricetta che il regista tenderà a riproporre in tutti i suoi successivi gialli, compreso il capo d'opera Profondo Rosso.
È un mondo di folli quello di Argento, di detective improvvisati e di particolari da mettere a fuoco, un viaggio nell'inconscio che può fare anche a meno della logica, ma mai della potenza del pezzo forte, di uno forma personalissima che ha ridefinito i canoni del cinema di spavento nostrano.
Imitato fino alla nausea, non solo in quello stile mai eguagliato in realtà, ma soprattutto nel titolo (non si contano le pellicole uscite in quegli anni che fanno riferimento a tarantole, lucertole, farfalle, iguane e bestie varie), ebbe un importante successo di pubblico. Insieme ai successivi Il gatto a nove code e 4 mosche di velluto grigio costituisce la cosiddetta "trilogia degli animali" (
titolazione zoonomica). Non è un segreto che alla base dell'ispirazione del regista ci sia il romanzo giallo La statua che urla di Fredric Brown
Globo d'Oro 1970 - Edgar Award  1971
Calice d'oro 1970 a Dario Argento quale Miglior regista esordiente
Suzy Kendall ne ”L’uccello dalle piume di cristallo”

Il gatto a nove code                                                                  1971
È il secondo capitolo della "Trilogia degli animali"che  contribuì a consolidare la fama del regista, affermandolo come uno dei maggiori autori di thriller in Italia. Il regista Dario Argento ha piena autonomia riguardo al soggetto, alla sceneggiatura e alla regia.
Regia: Dario Argento
Musiche: Ennio Morricone
Cast: James Franciscus, Catherine Spaak, Karl Malden, Rada Rassimov, Tino Carraro
Rada Rassimov
Il giornalista Carlo Giordani e il vecchio enigmista cieco Franco Arnò indagano sulla strana morte del dottor Calabresi, uno scienziato e ricercatore morto in un misterioso incidente alla stazione dei treni. La morte, infatti, sembra legata al mistero che riguarda un'infiltrazione all'interno dell'Istituto dove Calabresi lavorava, dove qualcuno era entrato senza però rubare nulla. A tutta la faccenda segue una serie di brutali omicidi, compiuti da qualcuno che sembra voler nascondere qualcosa. Le tracce dei due improvvisati detective, che indagano in modo parallelo alla polizia, portano a sospettare che l'assassino si nasconda tra il professor Terzi, direttore dell'Istituto; Anna, la sua seducente figlia; il dottor Braun, collega tedesco omosessuale di Calabresi; il dottor Casoni, un affascinante ricercatore dell'Istituto; il dottor Morvelli, un freddo e silenzioso scienziato che lavora nell'Istituto; e il dottor Esson, ricercatore inglese che si è invaghito di Anna. Il serial killer arriva anche a rapire Lori, la nipotina di Franco, per farli desistere dalle indagini, ma alla fine viene smascherato e rimane ucciso da Franco durante la cattura. Si trattava di Casoni che, segretamente affetto dalla sindrome 47,XYY, era stato scoperto e ricattato da Calabresi, e aveva quindi ucciso il ricattatore e altri che stavano scoprendo la verità.


Quattro mosche di velluto grigio                                            1971

Terzo capitolo della cosiddetta Trilogia degli animali di Dario Argento
Regia: Dario Argento
Musiche: Ennio Morricone
Cast: Mimsy Farmer, Michael Brandon, Bud Spencer, Stefano Satta Flores
Pedinato, da parecchio tempo, da una sinistra figura, il giovane Roberto Tobias, batterista in un'orchestra, una sera affronta lo sconosciuto e, sebbene involontariamente, lo uccide. Qualcuno ha assistito alla scena, fotografandola. Da quel momento, pur non giungendogli nessuna richiesta di denaro, Roberto diviene oggetto di una silenziosa persecuzione da parte del misterioso testimone, che, oltre a disseminargli per casa le prove del suo omicidio, una sera tenta addirittura, agendo nell'ombra, di strangolarlo. Il giovane si confida con la moglie Nina, che gli consiglia inutilmente di partire. Al colloquio assiste, non vista, la cameriera, che poche ore dopo verrà sgozzata in un parco. A questo punto, è Nina ad abbandonare la casa, mentre al fianco di Roberto resta Delia, una giovane parente della moglie. Sempre più spaventato, il batterista si rivolge a un investigatore privato, che però, giunto a un passo dalla verità, viene ucciso. Quando anche Delia, mentre Roberto è assente, subisce la stessa sorte, il giovane decide di armarsi e di aspettare che l'assassino tenti di colpire anche lui. Tobias si troverà davanti a un'amara verità.

"Realizzato con notevole abilità tecnica e capacità di creare suspense, il film risente di una sceneggiatura carente. Risapute appaiono le motivazioni psicanalitiche escogitate per giustificare la follia omicida del personaggio femminile." (Segnalazioni Cinematografiche, vol. 72, 1972) 
Mimsy Farmer
Profondo rosso                                                                          1975

Classico del terrore di Argento che gli valse il titolo di "erede" di Hitchcock
Regia: Dario Argento
Musiche: Goblin, Giorgio Gaslini
Cast: David Hemmings, Daria NicolodiMacha Méril, Gabriele Lavia
Marc, giovane pianista, assiste all'assassinio di una parapsicologa ma non riesce a vedere il volto dell'omicida. Mentre indaga aiutato da una bella giornalista, le persone con cui viene in contatto cominciano ad essere assassinate una dopo l'altra. La verità è insospettabile.
Apice stilistico e creativo di Dario Argento, segna la linea di confine tra l'iniziale fase thriller e quella più marcatamente horror che sarebbe seguita. E difatti il film è pervaso da elementi di entrambi i generi, che riesce a nobilitare grazie alla vena particolarmente ispirata del regista in quel periodo. L'ottimo cast tiene su una trama non del tutto chiara ma infarcita da alcune tra le trovate più genuinamente spaventose del cinema di suspance moderno.
Daria Nicolodi
Il film valse ad Argento il titolo di "erede" di Alfred Hitchcock, merito giustificato ma non sempre onorato nelle opere successive. Menzione indispensabile per la colonna sonora dei Goblin, da brivido. 




La versione inglese del film e a destra Marisa Mell
Una lucertola con la pelle di donna                                        1971

Secondo thrillerdi Lucio Fulci, dopo Una sull'altra, che riscosse un buon successo di pubblico.
Regia: Lucio Fulci
Musiche: Ennio Morricone
Cast: Jean Sorel, Florinda BolkanStanley Baker, Anita Strindberg
Carol Hammond, figlia di un avvocato londinese, ha una serie di incubi a carattere erotico in cui la protagonista è Julia Durer, la sua vicina di casa, una ragazza disinibita che attrae e sconcerta Carol. Quest'ultima rivela al suo psichiatra di aver fatto un sogno in cui uccide la Durer, pugnalandola. Lo psichiatra interpreta il sogno come liberatorio, ma la Durer viene veramente uccisa come sognato da Carol, e tutti gli indizi l'accusano del delitto.
Carol viene arrestata e rilasciata su cauzione, nonostante i dubbi dell'ispettore Corvin, e inizia ad essere perseguitata anche da un misterioso hippy, da lei visto in sogno, che tenta di ucciderla. I sospetti cadono anche sul marito di Carol, Frank, in quanto è l'unico che poteva avere letto gli appunti presi dalla moglie sui suoi sogni, per mettere in pratica il delitto. Il padre di Carol lo scagionerà accusandosi dell'omicidio prima di suicidarsi.
La verità però è un'altra ancora: l'assassino è proprio Carol, che aveva realmente un rapporto lesbico con la Durer, e aveva escogitato un alibi psicanalitico per mascherare il delitto commesso, ed evitare così lo scandalo di cui l'amante l'aveva minacciata.

Non si sevizia un paperino                                                      1972

È considerato il capolavoro di Lucio Fulci e una delle opere fondamentali del giallo italiano, nonché uno dei film più inquietanti e morbosi girati dal regista.
Regia: Lucio Fulci
Musiche: Riz Ortolani
Cast: Tomas Milian, Florinda Bolkan, Barbara Bouchet, Irene Papas, Marc Porel
Tutti gli abitanti di Accendura, un paesino aspro e sassoso della Lucania, dove spesso la magia e la superstizione si confondono ancora con la religione, sono profondamente sconvolti dalle crudeli uccisioni di tre bambini. Andrea Martelli, un giornalista in vacanza, segue le indagini dei carabinieri, specie quando questi appuntano le loro indagini su Barbara, una donna arrivata da poco dalla città per disintossicarsi della droga, che vive in una casa lussuosa, stranamente in contrasto con le misere case del paese. Barbara però risulta estranea ai delitti. Una povera demente, che ha ambigui rapporti con una specie di indovino-stregone che vive solo sulla montagna, ed è considerata da tutti una "maciara", cioè una strega, anche se confessa di aver fatto un sortilegio ai ragazzi perché colpevoli, secondo lei, di aver violato la tomba di una creatura, dimostra di essere innocente. Tuttavia, rimessa in libertà, la "maciara" viene massacrata dai genitori delle vittime. Intanto viene ucciso un quarto bambino. Il giornalista comincia a nutrire dei sospetti sul giovane prete del paese, soprattutto quando viene ritrovato un giocattolo - un paperino - che la nipote del sacerdote, una piccola sordomuta, ha straziato allo stesso modo di come erano stati sfigurati i corpi delle vittime...
Barbara Bouchet e Florinda Bolkan
Alla sua uscita Non si sevizia un paperino ricevette delle critiche negative. Morando Morandiniattaccò duramente il film, scrivendo: «Non si sevizia un paperino rientra perfettamente nelle regole più bieche di questo genere d'imitazione: disonestà nell'impiego della suspense, abuso dei particolari orripilanti, sadomasochismo a piene mani, recitazione a ruota libera, disprezzo della logica». Tuttavia in tempi recenti è stato dallo stesso rivalutato nel suo dizionario, con un giudizio di due stellette e mezzo su cinque. Negli anni novanta tuttavia il film è stato ampiamente rivalutato, fino ad essere considerato da molti il capolavoro di Lucio Fulci.
A mio avviso rimane comunque «Il thrilling per chi ama le sensazioni forti... in tutti i sensi! Violenza, tensione, angoscia, suspense, erotismo, nel film interpretato da sei grandi attori».
Un film che merita di essere visto.
La locandina inglese

La locandina inglese e spagnola del film "Col cuore in gola" di Tinto Brass












Regia di Mario Bava
Diretto da Luciano Ercoli nel 1970, è il primo film di Dagmar Lassander come protagonista.
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Commenti

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    E l'usignolo dal dolce suono,
    Per nutrirsi mangia vermi,
    Ma questo non lo fa cantare peggio!

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